Pim ha mani precise e aggraziate, mani che non hanno mai rotto nulla e che sanno prendersi cura di qualunque cosa tocchino, con movimenti cauti e gentili. Non ama il lavoro intellettuale; ama le sue mani, le ama fino a piangere, guardandole, perché lui è un ragazzo che sa piangere.
Pim ama le sue mani, sa accarezzare le donne, sa bene come muoverle. Forse è per questo che, un giorno, ha deciso che sarebbe diventato macellaio.
Nel romanzo Comme une bête, la scrittrice francese Joy Sorman racconta la storia di questo giovane uomo alle prese con la scelta di un'attività da far svolgere a quelle mani così preziose, e lo ritrae nel momento in cui sta imparando a disossare, a sfilettare, a farcire la carne per prepararla alla vendita. Sarà quello il suo lavoro, e l'avvenire radioso che la voce narrante gli assicura sin dalle prime pagine, si svolgerà tra celle frigorifere e carcasse di animali, tra schizzi di sangue e grembiuli bianchi che non fanno che macchiarsi.
Con una scrittura che non teme di piegarsi alla musicalità del gergo, imposto dal linguaggio della macelleria, Joy Sorman mostra al lettore che qualunque gesto, compiuto con dedizione, con amore e senso della misura, può diventare un gesto d'amore, e che anche un'attività intrinsecamente brutale, svolta servendosi di coltelli maneggiati come spade medievali, può essere piena di rispettosa delicatezza.
Il personaggio di Pim, tratteggiato con precisione, cambia, nel corso del romanzo, si abitua a quella quotidianità fatta di sinistri ganci metallici e di carni morte che, all'inizio, sembrava temere, fino ad arrivare ad amarne l'odore e la successione di azioni, fino a svolgerla col piacere che solo un lavoro compreso e accettato sa donare.
Il lettore scoprirà in Comme une bête un mondo fatto di sfumature di colore e di scivolamenti di significato, e vedrà, seguendo Pim tra le corsie dei mercati generali delle carni, che una macelleria non è che un altro microcosmo, e che dietro ad ogni nome incompreso, dietro ad ogni nozione anatomica, esiste una profonda consapevolezza di ciò che si è, del modo in cui gli uomini alimentano il corpo e l'anima. È una storia di sangue e di ferite, quella raccontata dalla Sorman, ma è soprattutto una storia che insegna a misurare ogni gesto, per cercare di comprenderne il segreto equilibrio.
Joy Sorman, Comme une bête, Paris, Gallimard, 2012