unico esserino capace di costruire e di distruggere imperi, e di resistere ai millenni.
Ogni altra vita parallela, sembra essere fantascienza, o scienza, nella migliore e più moderna delle ipotesi. Ornela Vorpsi, invece, con la sua scrittura riesce a dimostrare che esistono realtà al di fuori di quella che si pensa di vivere, che esistono spazi altri e che si chiamano Fuorimondo, semplicemente, come il titolo del suo ultimo romanzo.
Fuorimondo (Torino, Einaudi, 2012) è la storia di un luogo non rintracciabile sulle carte geografiche né sulle linee del tempo, è la cronaca di esperienze sentimentali profonde che coinvolgono personaggi simbolici: la madre-vita Esmé, la zia-amore Lali, il ragazzo-seduzione Dolfi, la donna-delusione Manuela e la protagonista-spettatrice Tamar. Ognuna di queste figure interpreta un ruolo preciso, che va ad incrociarsi con quello degli altri per mettere in scena un mondo possibile, fatto di attesa, di speranza e di vergogna.
Tamar osserva, "la vita l'ha fatta nascere spettatrice", come scrive la Vorpsi, e lo sguardo, forse, è per lei un'arma di difesa dalle emozioni troppo forti che lei sola sa sentire, e che la portano fuorimondo, offuscandole lo sguardo. La metafora della visione è uno degli aspetti fondanti di Fuorimondo, che, più che una narrazione tradizionale, è una collana di descrizioni, una piccola galleria di storie che desiderano essere raccontate e guardate con urgenza e con chiarezza insieme. Non sarà un caso che proprio Tamar, da grande, diverrà una specialista di occhiali, una professionista della vista senza errore. E non è un caso che la scrittura di Fuorimondo sia così precisa e imprevedibile insieme, come se la Vorpsi, con lo stupore suscitato in chi la legge, volesse fermare il tempo del mondo per portarlo in uno dei suoi mondi paralleli. Quei mondi in cui vivono le storie, in cui prende vita la scrittura.
Ornela Vorpsi, Fuorimondo, Torino, Einaudi, 2012