Qui in Italia, poi, si legge già poca narrativa rispetto ad altri Paesi (come, per esempio, la Francia, per non parlare della Germania e del Regno Unito), e quel poco non sempre è il meglio. Un po' ovunque, invece, in Europa per la saggistica letteraria, siamo volentieri dediti al libero arbitrio personale e quindi riteniamo di non aver bisogno dell'intervento di un "estraneo", del critico, assimilato assai spesso ad un ospite sgradito. E' vero che i critici, spesso parlano tra di loro, con un linguaggio che, si vuole professionale, ma che ottiene, di fatto, solo l'esclusione del lettore. Eppure, la presenza del critico, quando coincide, oltre la logica di una dubbia autarchia, con una vera passione per la letteratura, diventa qualcosa di straordinariamente prezioso e benefico.
L'ultimo saggio di Antoine Compagnon, Un été avec Montaigne - pubblicato nel luglio di quest'anno dalla giovane casa editrice Éditions des Équateurs, la stessa che ha dato alle stampe Underground di Julian Assange e Suelette Dreyfus – costituisce l'esatta dimostrazione di come uno studioso di grande valore scientifico possa realizzare un agile volume, senza alcuna semplificazione, ma di facile e accattivante lettura. Allora, nelle pagine degli Essais, si scopre un autore capace di parlare ad un pubblico lontano cinque secoli con una capacità impensabile di coinvolgimento. In Francia, il volume costituisce, nel settore dei saggi, un caso eccezionale : da fine maggio ai primi di novembre questo libro di quasi 170 pagine è stato venduto in oltre centomila esemplari.
Il merito spetta, in primo luogo, a Montaigne che dei suoi Essais ha fatto uno strumento efficace di analisi della propria condizione umana e, in essa, di quella degli uomini del Rinascimento, e non solo. Compagnon, per parte sua, a partire da una trasmissione per France Inter, ha avuto il coraggio di accettare una sfida davvero rischiosa, quella di presentare la riflessione di un grande scrittore del Cinquecento senza trasformarla in una raccolta di massime inerti, inserendo, con rara efficacia, le citazioni nel quadro complessivo dell'opera del sindaco di Bordeaux, senza fare di lui l'uomo "moderno" che non era, senza trasformarlo nel santo laico che non era, senza camuffare un conservatore intelligente in uno stupido rivoluzionario. Tutto questo accade in quaranta brevi capitoli, dove la rapidità corrisponde non solo al tempo tecnico di una trasmissione, ma anche all'economia del tempo come intesa da Montaigne.
S'incontrano così capitoli dai titoli poco filosofici: "La conversation", "La dent tombée", "Les cauchemars", "L'assiette", "Du surpoids", "La désinvolture". In ciascuno di essi Compagnon fa rivivere un Montaigne che si misura con se stesso e con ciascuno di noi, e mostra come lo "scrittore degli Essais" si interroghi e cerchi risposte anche contraddittorie e, al contempo, dove ci fa interrogare direttamente da Montaigne su di noi, sui nostri dubbi e sulle nostre ambiguità. Ci si trova in presenza di uno straordinario volume dove l'intelligenza coabita con la maestria, per rendere le pagine degli Essais opera viva. Dalle pagine di questo volumetto, anche per chi è a digiuno dell'opera di Montaigne, sarà facile accostarsi alla sua opera per cercare qualcosa di più e di diverso da un austero coacervo filosofico e morale. E chi pretende di conoscerlo bene, potrà trovare ragioni per rimettere in dubbio le proprie marmoree certezze.
P.S.: Al momento in cui scrivo, non so se i diritti del volume di Compagnon siano stati acquistati da un editore italiano. Se così non fosse, mi auguro che almeno uno lo faccia e, a breve, lo proponga al lettore italiano in traduzione. In molti saranno grati a questo editore.