Nel paesaggio accecante che lo circonda, Welin, il protagonista del romanzo Scarpe italiane, di Henning Mankell, non incontra nessuno, se non la figura scostante del postino della zona, e vive il ritmo lento della sua vita, scandito da un unico rito: un'immersione nell'acqua che dorme sotto lo spesso strato di ghiaccio. Perché, poi, tornare su, uscire nell'inverno dell'arcipelago, diventa un ritorno nel mondo alla vita, dove persino le temperature glaciali di superficie possono generare calore umano.
Se ci si ferma alle prime pagine, sembra quasi che la scrittura lenta di Mankell stia tessendo un elogio della regolarità, della calma intesa come compromesso tra la vita e il disordine. Visto da questa prospettiva, il silenzio dell'isola appare come una perfetta metafora dell'esilio volontario del protagonista dal mondo reale, quel luogo in cui tutto può accadere.
La svolta improvvisa impressa alla narrazione, invece, dimostra che dove c'è vita umana, ci sono sentimenti possibili, e dove ci sono sentimenti, possono prendere forma storie degne di essere raccontate. Storie come quella di Harriett, la donna che il protagonista aveva amato in gioventù, e che torna a chiedere di tener fede ad una promessa, la promessa più bella che le sia mai stata fatta.
È col suo arrivo che il romanzo di Mankell inizia davvero, è con l'entrata di questa seconda voce che l'ampia ouverture con cui il testo era iniziato si trasforma nel primo tempo di una storia complessa, in cui gli ampi spazi che circondano i personaggi possono persino scomparire, nascosti dall'immensità che può racchiudere l'abitacolo di un'auto, o una vecchia cucina con un tavolo di legno.
Scarpe italiane è un romanzo che mostra l'importanza della solidità, sia essa quella di un paio di scarpe di buona qualità, oppure quella delle parole, quei sigilli preziosi che rendono una semplice frase una promessa definitiva, l'ultima ragione per restare in vita.
Henning Mankell, Scarpe italiane, traduzione italiana di Giorgio Puleo, Venezia, Marsilio, 2011
Les chaussures italiennes, traduzione francese di Anna Gibson, Paris, Seuil, 2009