E quando scrive (oppure fotografa, o dipinge) bisogna fare attenzione, perché molte presunte certezze, legate alle nostre piatte abitudini, corrono il rischio di andare in frantumi e le schegge possono colpire chi si trova a passare dove lei ha lasciato del materiale esplosivo in forma di libro o dove ha spalmato un rosso bruciante su di una foto appena un po' glamour.
Molto atteso questo suo ultimo romanzo, scritto per la prima volta in francese, e pubblicato da Gallimard. Il titolo non dice molto, sembra allusivo, senza lasciar trasparire granché. Ma quando si apre il volume le cose cambiano, perché la scrittrice corrosiva de Il paese dove non si muore mai è sempre e ancora lì, terribile e diversa, capace di sorprenderci con la crudezza di qualche domanda inattesa e sconvolgente. Per esempio, cosa pensare di una giovane donna, sposata con un uomo bello e gentile (come non ce ne sono poi tanti, tolti quelli che, pur belli, la gentilezza solo la fingono), cosa pensare, dunque, di una giovane madre che non esita a dare un calmante al suo bambino malato, prima di "parcheggiarlo" all'asilo, per poter, poi, libera, correre dal suo giovane amante (che, peraltro, non è certo meglio del marito)? Le madri, è vero, in altre pagine della Vorpsi, erano già apparse portatrici di devastazione, di quella distruzione fatta di frasi, di gesti e di sguardi ripetuti, che lasciano segni indelebili sull'anima e che sono dolorosi almeno quanto vere percosse.
In Tu convoiteras si narra di una tragedia "minore", quella che sta tutta nel rancore prodotto dal ruolo i madre, di chi, generazione dopo generazione, da figlia diventa madre e, da vittima indifesa di una madre crudele, diventa, a sua volta, madre crudele di una creatura innocente, quando teme che il suo ruolo di donna che non si arrende alla "serenità" domestica, possa essere soffocato da quello di madre. Cosa pensare di chi si trova ad avere la responsabilità di un figlio e non può rinunciare ad evadere dalla comoda prigione familiare? E ancora, in queste pagine ci si chiede se una madre che non tutela il proprio figlio possa essere allo stesso tempo una madre amorosa? Che contraddizione ci sarebbe in questa ambivalenza? Porre queste domande, forse, è come porsi all'origine del mondo, per provare a capire senza giudicare.
Nessuno, né donna né uomo, può chiamarsi fuori da queste domande, perché qui siamo tutti interrogati sui nostri ruoli, quelli che ci cerchiamo, con superficialità e convinzione, e quelli che ci sono imposti dalla natura. E che la domanda sia proprio quella sulle nostre identità in conflitto diventa ancora più chiaro quando le pagine ci chiamano a rispondere sul significato di chi interpreta - in un romanzo o nella vita, poco importa – la parte dell'amante. Chi è un amante, uomo o donna che sia? Dietro l'amante c'è davvero solo un volto, solo una persona, oppure, e soprattutto, dietro il paravento di un amante c'è ben altro: un'attesa, sempre delusa, ma ugualmente cercata, perché è solo nel desiderio dell'attesa di una parte mancante che ci si sente ancor vivi?
La forza di questa narrazione e dei suoi interrogativi è straordinaria, anche se il francese appare talvolta levigato, come se qualcuno (un editor?) avesse stirato sotto un ferro a vapore la bella scrittura inquieta di Ornela Vorpsi, un intreccio di più lingue fuse in un'altra lingua senza precedenti, resa ancora più sapida dalla contaminazione di metafore provenienti da magazzini di mondi lontani. L'eleganza di una scrittura ruvida e coinvolgente, nel suo caos sfrontato, pare a tratti in ombra, ma l'energia della pagina resta intatta e trascinante.
Che un editore italiano dia presto una traduzione ben fatta del romanzo, aspra quanto lo è la scrittura dell'autrice, e si troverà per le mani un caso letterario perfetto.
Ornela Vorpsi, Tu convoiteras, Paris, Gallimard , 2014, pp.112.
FOTO © Ornela Vorpsi