nella capacità di "raccontare" non senza una punta di ironia il lungo cammino del protagonista, disseminato di insidie, occasione di una riflessione sull'esilio, l'erranza e la passione per la letteratura. Una scrittura che abbraccia tutta questa nostra epoca, tessendo un ponte tra la primavera araba e le rivolte degli "indignati" spagnoli. La scena chiave del romanzo, quella finale, è volutamente nell'ombra perché simbolica. Lakhdar, il giovane marocchino protagonista, si trova in una dimensione esterna rispetto al mondo, si limita ad osservarlo e il gesto che compie mira a distaccarlo da una parte di sé, quella collegata alla violenza. La scrittura di Enard scende nel cuore delle tenebre per farvi luce: è l'umanità umiliata, quella dei miserabili e degli emigranti clandestini a costituire il vero centro di interesse, senza alcun giudizio morale. La letteratura consente di creare personaggi simbolici ed esemplari. Lakhdar ha un'identità multipla e mobile – e in questo risiede anche la contemporaneità del romanzo – costruita in modo autonomo attraverso le letture e le esperienze di vita, non esclusivamente legate alle frontiere geografiche.
«Je ne suis pas un Marocain, je ne suis pas un Français, je ne suis pas un Espagnol, je suis plus que ça», p. 250
Mathias Enard, Rue des voleurs, Arles, Actes Sud, 2012