del fisico, lente come quelle di una strada che cambia nel corso degli anni. Se ne sorprende, se ne rallegra, talvolta ne ha paura.
Eppure, continua a prenderne nota. Con metodo, redige un diario di bordo del proprio corpo che attraversa una vita intera. O, forse, sarebbe meglio dire "che attraversa consapevolmente una vita intera", fino all'attimo che precede la morte. Perché Pennac, nel suo "Journal d'un corps" ha stabilito che dieci anni sono il punto di partenza del sentimento del corpo, quella soglia da varcare per iniziare a sentire quell'involucro che abitiamo e che si trasforma con noi. Anche a costo di procurarci qualche dispiacere.
Perché il rapporto col corpo, nella scrittura di Pennac, è come una relazione con uno sconosciuto, può esser delicato come una storia d'amore, e rende necessario costruire un lessico comune, mettersi in ascolto ed essere sempre pronti a rimettersi in discussione. Così, il protagonista si pone domande ("testicules siège de l'ame?"), formula deduzioni ("Quand on a vraiment faim, on dort en chien de fusil. On se referme sur son estomac"), e si confronta col corpo degli altri ("Chez l'homme, le jean a la particularité de se vider avec l'âge, et chez la femme de se remplir"). Cerca, attraverso lo studio attento, di conoscere, di conoscersi, e redige una sorta di fenomenologia della vita umana, dei suoi desideri e delle sue necessità vitali. E poco importa che si tratti delle prime pulsioni sessuali o del desiderio di una donna maturato negli anni, della paura del buio o dell'esigenza di imparare ad auto-amarsi: ogni spasmo, ogni contrazione muscolare, ogni voglia improvvisa è analizzato ed osservato nello stesso modo. Con delicatezza, e con un misurato senso del pudore, anche nelle pagine di elogio dell'autoerotismo: è come se la scrittura di Pennac descrivesse l'esperienza di conoscenza del corpo dall'interno, ma dopo averne preso le distanze. Dopo aver capito, forse, che non si può scrivere il giornale di bordo di un corpo, del proprio corpo, senza prima aver imparato a detestarlo e poi ad amarlo. Ad osservarlo, ma anche a guardarlo, standogli di fronte, come nel momento che precede l'abbraccio ad un caro amico.
Daniel Pennac, Journal d'un corps, Paris, Gallimard, 2012
Daniel Pennac, Storia di un corpo, tradotto in italiano da Yasmina Melaouah, Milano, Feltrinelli, 2012
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