a chiamare col nome della finzione anche dopo i titoli di coda, anche dopo essere usciti dal cinema – esattamente come Leonardo Di Caprio e Kate Winslet sono rimasti, nell'immaginario di molti, semplicemente Jack e Rose, per troppo, troppo tempo –, non sarà accontentato.
Perché HER, film di Spike Jonze, uscito in Italia nelle scorse settimane, è una di quelle storie in cui i veri protagonisti non sono personaggi veri e propri. HER è una storia i cui protagonisti sono i sentimenti.
E non si potrebbe nemmeno propriamente dire che si tratti dei sentimenti di due persone, visto che l'amore – o qualcosa di molto simile all'amore – nasce tra un uomo, Theodore (l'attore Joaquin Phoenix, lo stesso che ha anche recitato la parte del cattivo ne Il gladiatore, tanto per confermare il fatto che questo non è un film-da-personaggi), ed un sistema operativo, Samantha (la voce inconfondibile di Scarlett Johansson).
Un amore "neutro", alimentato solo dal contatto tra le voci, dallo scambio tra due sensibilità, che, inevitabilmente, porta tanto Theodore quanto Samantha a compiere un percorso, il primo, di liberazione emotiva dal rapporto ormai finito con la sua ex-moglie, la seconda di presa di coscienza della propria capacità di provare emozioni e sentimenti, di innamorarsi, forse.
Con questo film, Spike Jonze dimostra che l'amore è un sentimento capace di andare al di là dei limiti delle identità personali, oltre il confine della fisicità e che la narrazione può fare a meno di maschere riconoscibili, di corpi-protagonisti, perché un personaggio nient'altro è che volontà di raccontarsi, di essere parte di una storia. E ci si può raccontare essendo voce dentro un corpo, o essendo voce fatta di nulla; non ha importanza, purché la finzione si alimenti della propria stessa energia creatrice.
FOTO © Spike Jonze, HER