La gente, i giardini, i portoni, i palazzi, guardi tutto con occhio diverso: non sei sulla difensiva, non devi correre, sorvegliare e schivare, andare alla posta e ricordarti del dentifricio. Lasci scorrere lo sguardo sugli immobili che ti sovrastano e pensi alle vite che non conosci dietro quelle finestre accese. Oltre i vetri s'intravvedono alcune sagome, altre stanze, invece, nel buio, sembrano deserte. Gli occhi scivolano verso la facciata di un palazzo le cui finestre sono chiuse. Cerchi un segno di vita sul muro, finché appare una doppia striscia di luce - netta e fredda - di neon, installata sulla facciata del Municipio di quartiere. «La Mairie d'arrondissement vous souhaite de Joyeuses Fêtes».
In un primo momento, accogli l'augurio con un sorriso, ti sembra che anche così si crei un clima, sia un gesto cortese, in una stagione di disattenzione reciproca tra gli umani. Poi, ti accorgi che c'è qualcosa che ti disturba in quelle parole. Ti rendi conto che non si tratta tanto del fastidio per la frase di circostanza della scritta luminosa. C'è dell'altro, anche se non ti è subito chiaro cosa. Muovi alcuni passi, prendi tempo.
Quello che non riesci ad comprendere è proprio il «Joyeuses Fêtes», perché non capisci di quali feste si tratti o, se anche lo avessi capito, salta agli occhi che qualcuno non vuole evocare per nome « quelle » festività. Meglio nasconderle, forse, per non far ombra a chi se ne potrebbe risentire. E tu che avevi pensato di discendere da generazioni di laici e di continuare le loro scelte, ti trovi nella scomoda posizione di dover pensare che, sotto tanta correttezza verbale, tanta luminosa ipocrisia, si voglia nascondere un'evidenza "fastidiosa".
Si vuole omettere, infatti, il nome della festa in questione, che in tanta parte di questa Europa rappresenta un connotato della sua storia e vuole significare l'attesa e la fiducia nella vita, in una vita - per alcuni più speciale di altre -, ma riconosciuta da tanti, credenti e non, come un momento di unione tra gli individui. Un'occasione per dimenticare – almeno per un breve spazio di tempo - l'umana crudeltà.
L'identità culturale del Vecchio Continente passa attraverso le esperienze straordinarie degli uomini, che hanno fatto e fanno la storia di queste terre. E ci sono date che sono lì a ricordarla: il 14 luglio, per la liberazione dall'ancien régime, il 26 agosto per la liberazione di Parigi dalle truppe tedesche di von Choltitz, il 25 dicembre per la liberazione dall'odio per la vita. Quest'ultima festa si chiama «Natale», piaccia o non piaccia ai benpensanti tutori del Nuovo Codice di Correttezza Europeo.
Che dirvi? Buon Natale (strettamente laico e identitario), nonostante la nuova bienséance.